Yama e Niyama sono due temi fondamentali per chi pratica yoga e vuole seguire un percorso di crescita. Cosa c’è alla base dello Yoga? Perché si dice che lo yoga non è uno sport? Oggi vi parlo della filosofia yoga e in particolare degli insegnamenti morali di Patanjali.
Yama e Niyama sono i primi 2 passi degli Yoga Sutra di Patanjali e sono il punto di partenza verso quello che è un percorso di vivere yogico. Patanjali, figura storica dello yoga, ci parla di quella che è la via verso l’evoluzione spirituale e nella parte di Yama e Niyama, primi due scalini verso la meta finale, descrive la morale da seguire.
L’intento di questo mio approfondimento è quello di farvi capire il vero significato di questi insegnamenti applicati alla nostra vita di tutti i giorni.
Cosa ci insegnano Yama e Niyama
Negli 8 passi dello yoga ci sono diversi step da seguire e per dare un’idea a chi non conosce affatto il percorso si potrebbe dire, come accennato, che i primi due riguardano l’etica e la morale, poi c’è la pratica (asana) e la respirazione e infine il percorso procede e termina verso una vera evoluzione spirituale.
Yama e Niyama si completano a vicenda: nel primo passo, Yama, ci sono le indicazioni verso quello da cui ci dobbiamo astenere, ossia le cose da evitare. Nel Niyama yoga, secondo passo, ci sono invece le regole che ci spiegano cosa cercare attivamente, cosa è positivo per noi. Quindi prima i comportamenti negativi e poi quelli positivi.
Patanjali non fa altro che suggerirci delle norme di comportamento che sono la base che dobbiamo costruire nel nostro percorso. Come ho scritto altre volte, lo yoga inteso come pratica fisica è solo una delle tappe di questo percorso ed è il terzo gradino. Se non percorriamo i primi due, praticare diventa solo qualcosa di fisico, come quasi una ginnastica o uno stretching. Iyengar diceva “La pratica delle asana senza il sostegno di yama e niyama è semplice acrobazia“.
Gli yoga Yamas: astensioni
Non violenza, autenticità, onestà, controllo dei sensi/moderazione, non avidità. Queste sono le pratiche di comportamento degli Yama.
1. NON VIOLENZA
Ahimsa fa riferimento alla violenza sia fisica che psicologica e quindi include anche parole, atteggiamenti, intenzioni. Seguire questo principio significa evitare comportamenti egoistici, arroganti, prevaricanti e al contrario essere comprensivi, altruisti e gentili verso gli altri. Quando si parla di non violenza tutti pensano alla guerra e agli scontri, ma il concetto è molto più profondo. In presenza di chi è fermamente stabilito nella non-violenza, cessa ogni ostilità. E’ non voler far del male in pensieri, parole o azioni verso chiunque o qualunque cosa, è essere innocui.
Ahimsa è la pietra miliare del Dharma, è il più alto precetto da cui non si può prescindere. La non violenza parte dall’intenzione: è inutile non compiere l’azione se è nata in noi l’intenzione, dobbiamo arrivare a non avere l’intenzione stessa di nuocere, in alcun modo. L’intenzione dev’essere così radicata che non deve nemmeno sfiorare il pensiero di fare del male. Ahimsa non è però da confondersi con vigliaccheria, in quanto la non violenza deve essere applicata anche su noi stessi.
Non è una pratica passiva, ma è portata avanti da noi verso l’intenzione di creare amore, compassione e gentilezza, rispetto, perdono, non-giudizio.
Come capire Ahimsa
-> E’ un atteggiamento verso le altre persone che parte dalla consapevolezza che c’è qualcosa che accomuna tutti noi e ci pone allo stesso livello. Se non capiamo questo punto non riusciremo mai ad avere veramente un comportamento non violento. <-
2. AUTENTICITA’
Satya vuol dire evitare falsità, ipocrisie, bugie. Include una coerenza di comportamenti e una sincerità di fondo in quello che facciamo. Quindi non riguarda solo il fatto di non dire menzogne ma va al di là di questo: facciamo quello che pensiamo e viceversa. Pensieri e azioni in linea tra loro, sincerità verso gli altri ma anche verso sé stessi. Praticare Satya significa essere veri sia verso noi stessi che verso gli altri. Le parole diventano vincolanti per la realtà oggettiva, quindi qualunque cosa dice una persona che ha padroneggiato Satya diventa vera, si manifesta, come la legge di attrazione.
A livello sottile la verità più alta è la tua realtà spirituale, tutto è uno, per cui quello che facciamo agli altri lo facciamo a noi stessi. Vivere con questo punto di vista ci aiuta ad avere pensieri e parole pure, pur mantenendo questo principio subordinato ad Ahimsa, la non violenza. Quando non si può dire la verità per non ferire nessuno è meglio stare in silenzio, come diceva Gandhi.
Come capire Satya
-> Per seguire davvero questo passo non basta dire quello che si pensa o ammettere i propri errori. Bisogna anche assumersi la responsabilità di quello che ci si sente. Non ascoltarsi e mettere sotto il tappeto le nostre emozioni, giustificare i propri comportamenti trovando scuse esterne a noi o omettere agli altri particolari dei nostri comportamenti sono tutte forme di non-autenticità. <-
3. ONESTA’
Asteya, come gli altri, fa riferimento sia all’onestà dei propri comportamenti sia al proprio atteggiamento. Da un lato il classico non appropriarsi delle cose degli altri in senso materiale, quindi non rubare, dall’altro in senso lato. Ad esempio, non prendersi meriti non propri, non pretendere qualcosa di non dovuto, non approfittarsi delle situazioni.
Come capire Asteya
-> E’ un principio più difficile da seguire dei primi due a mio parere. Un po’ a tutti viene naturale cercare di approfittare al massimo di una situazione a nostro favore. Il concetto alla base è quello della pace con sé stessi: se sono in pace, se sono in linea con me stesso non ho bisogno di andare oltre quello che mi “spetta” e di approfittarmi di qualcuno o di qualcosa.
4. MODERAZIONE
Brahmacharya è il controllo dei sensi e la moderazione. Su questo punto c’è da fare molta chiarezza. Molti erroneamente parlano di astensione sessuale, ma Patanjali come vedete nei punti precedenti non ci parla dei classici comandamenti, non ci impone divieti specifici riferiti ad azioni singole. Stiamo parlando di concetti profondi che nel complesso, tutti insieme, ci rendono persone migliori e ci permettono di crescere.
La filosofia dello yoga non è una religione in cui bisogna seguire qualcosa deciso dagli altri con la benda negli occhi. Tengo molto a far capire agli altri queste cose, perché alla base di tutto c’è un percorso personale che parte dalla comprensione dell’importanza di questi suggerimenti. Sarebbe totalmente inutile cercare di applicare gli 8 passi dello yoga come se dovessimo fare i compiti a scuola.
Come capire Brahmacharya
-> Avere moderazione significa non disperdere le nostre energie e restare centrati. Quando abbiamo la consapevolezza in tutto quello che facciamo, seguiamo i nostri intenti e perseguiamo i nostri obiettivi. Quando perdiamo il controllo, invece, deragliamo e a seconda dei casi perdiamo intenzionalità, perdiamo tempo, perdiamo il senso di quello che facciamo. Tutto questo per Patanjali corrisponde a una perdita di energie. Brahmacharya significa non sprecare energie. <-
Siamo esseri umani, nasciamo con degli istinti che non vanno negati. Patanjali non ci vuole spingere a chiuderci nei monasteri, ma solo a vivere una vita equilibrata. Fate attenzione a questo!
5. NON AVIDITA’
Aparigraha consiste nel distacco. Anche questo è un concetto fondamentale, che si ripropone nel percorso yogico di tantissime persone. Riuscire a essere distaccati è difficile perché non ci è comune. Fin da piccoli siamo abituati a pensare a “i miei giocattoli” e l’idea di possesso è inculcata dentro di noi. Possesso di beni materiali ma anche immateriali. A quanti oggetti siamo affezionati? Quante cose vorremmo comprare? Quanto ci fa stare bene l’idea di avere un sacco di cose? E al tempo stesso quanto ci dispiace perdere qualcosa? Conosco un’infinità di persone che danno di matto per aver perso un qualsiasi oggetto.
Non avidità non è solo fare beneficenza o donare qualcosa. Anche qui è un concetto più profondo: è l’idea che non possediamo davvero nulla. Gli oggetti sono solo oggetti, “mio” e “tuo” non ha valore perché la nostra ottica dev’essere condivisa. Le persone non appartengono l’una all’altra.
Come capire Aparigraha
-> Per capire e applicare questo principio mi ha aiutato molto un altro concetto molto importante che è quello dell’abbandono dell’Ego. Siamo abituati a identificarci nel nostro ego e a farlo prevaricare su tutto. Continuiamo a fare tutto quello che accresce il nostro ego, perché siamo portati a pensare che solo così staremo bene. Ma in realtà per l’ego nulla sarà mai abbastanza, vorrà sempre di più. Non ci sarà mai il momento nella nostra vita in cui diremo “ah ok ho raggiunto quest’obiettivo ora sarò felice per sempre”. Capire tutto questo mi ha aiutato a trovare uno scopo diverso nella mia vita. Non voglio perseguire l’ego, cercando ricchezze materiali o appagamento temporaneo. Io come persona non sono il risultato della somma degli oggetti che ho o delle persone su cui esercito un controllo di qualsiasi tipo. Non mi identifico nei miei oggetti né in un ruolo. e solo così non sento bisogni di avidità, abbasso le mie pretese. Distacco è questo.
Niyama: osservanze
Purezza, gioia incondizionata, determinazione, conoscenza di sé e abbandono. Queste sono i comportamenti consigliati nel Niyama.
1. PUREZZA
Sauca è la purezza interiore, sia fisica che mentale e morale. Da un lato quindi la pulizia, la purificazione del corpo dalle tossine (per questo il vero yogi fa nadi shodana, pulizia della lingua o dell’intestino) e dalle energie negative (purificazione dei chakra). Dall’altro la purezza anche del pensiero e delle intenzioni.
Come capire Sauca
-> Film mentali con sé stessi, pensieri negativi, retroscena e interpretazioni dei comportamenti sono tutti quei tipi di pensieri che ci danneggiano. Avere pensieri e intenzioni pure significa riprendere un po’ gli Yama: verità, onestà, controllo. Sauca ci porta a sentirci in linea con noi stessi, equilibrati. <-
2. GIOIA INCONDIZIONATA
Santosha è un concetto meraviglioso che ci cambia il modo di vivere. Gioia incondizionata significa felicità senza oggetto. La capacità di essere felici, allegri, positivi e di buon umore a prescindere. Santosha è essere appagati, appacificati con sé stessi.
Come capire Santosha
-> Per capire e applicare questo concetto bisogna riuscire a trovare la propria pace interiore lavorando su sé stessi. Vuol dire non attribuire la propria felicità a qualcuno o a qualcosa: non è la nuova macchina che ho comprato a rendermi felice, né il nuovo viaggio che farò. La mia felicità non dipende da qualcosa di specifico. Altrimenti vuol dire che non sarò mai felice ma avrò sempre bisogno di qualcosa di nuovo (quante persone che conoscete adorano viaggiare e vivono sempre nell’aspettativa di un nuovo viaggio per riuscire a sopportare la quotidianità?). La felicità, l’umore, la positività dobbiamo trovarli dentro di noi.
Come riuscirci? Bisogna avere trust. In italiano non rende abbastanza, ma sarebbe fiducia, speranza, positività tutte insieme.
3. DETERMINAZIONE
Tapas è il fuoco interiore, la forza di volontà. Se abbiamo tapas siamo motivati, abbiamo la spinta di seguire le nostre passioni. Tapas è la costanza, l’impegno, l’essere consistenti. E’ riuscire a perseguire la via che abbiamo deciso di seguire nonostante scosse e slittamenti.
Come capire Tapas
-> Per seguire tapas dobbiamo allontanarci dai condizionamenti negativi. Dobbiamo circondarci da input positivi che ci spingono tutti nella stessa direzione e diminuire sempre più input che non ci spingano verso dove vogliamo arrivare. <-
4. CONOSCENZA DI SE’
Svadhyaya è lo studio di noi stessi. Conoscerci e capire quali sono i nostri valori e obiettivi ci permette di seguire davvero quello che ci fa stare bene. Ascoltarsi senza usare gli schemi e i preconcetti che non ci appartengono significa lasciare emergere la nostra interiorità. Se non partiamo da noi stessi non potremo mai avanzare.
Come capire Svadhyaya
-> Per conoscere sé stessi è utile fare un vero e proprio percorso di crescita personale che parta dal porsi le giuste domande. Le cose da analizzare sono tante, ma puoi partire da:
- quali sono i miei valori positivi e i miei valori negativi?
- quali sono i miei obiettivi nella vita?
- cosa mi fa stare bene e cosa mi fa stare male?
- quali sono le mie competenze?
- quali sono le mie passioni?
- chi sono i miei modelli?
- quali sono i miei desideri?
- di cosa sono grato nella mia vita? (questa domanda sarebbe da fare tutti i giorni)
- cosa mi rende fiero di me stesso?
Sapere chi siamo ci aiuta a capire perché ci comportiamo in un certo modo, cosa sono i fattori che ci influenzano nelle scelte e accettare quello che facciamo. Solo così possiamo crescere.
5. ABBANDONO
Isvara Pranidhana è l’ultimo scalino di Yama e Niyama. E’ l’accettazione, l’abbandono alla piena consapevolezza di sé, dei propri limiti. Lasciamo resistenze e opposizioni pronti per andare avanti. “let it go“.
Come capire Isvara Pranidhana
-> Anche e sopratutto in questo riprendiamo il concetto di trust. Abbandonarsi significa fidarsi (di Dio, del destino, del fato, di noi stessi). Isvara Pranidhana è la liberazione da preoccupazioni, previsioni, volontà di controllo. E’ possibile solo se c’è la purezza di pensieri, intenzioni e azioni, se si è allineati con sé stessi e si ha la coscienza del proprio percorso. <-
Perché sono importanti
Yama e Niyama sono due cardini nel percorso yoga di ogni yogi/yogini, ma possono influenzare positivamente anche chi non ha dimestichezza con lo yoga (inteso sempre come percorso, non solo come pratica). Chi segue questi concetti ha una vibrazione che diffonde pace, armonia e serenità, è equilibrato, centrato e consapevole. Penso che per vivere al meglio delle nostre capacità, in modo puro e positivo sia fondamentale seguirli. Avete mai fatto caso a quanto una persona possa influenzarvi positivamente o negativamente? Le energie che emana e che scarica su di noi possono portarci appunto emozioni e sensazioni positive, o in caso contrario rabbia, paura, tensione, nervosismo, astio.
Tutto questo dipende molto da come si vive rispetto a Yama e Niyama, che come ho specificato nell’articolo sugli 8 passi dello yoga, sono solo 2 dei passi del percorso verso la realizzazione del Sé. Un percorso non legato a religioni o credo, ma un percorso personale.
Spero di avervi trasmesso cosa c’è dietro i concetti di Yama e Niyama e spero che proviate anche voi ad applicarli alla vostra vita. Yama e Niyama per me sono ormai due cardini che accompagnano la mia quotidianità, sui quali cerco di lavorare costantemente. La cosa bella di un percorso come questo è che con il tempo lo interiorizzi e ti accorgi di quando “sbandi”, quando esci fuori dai binari. E una volta che ti accorgi riprendi la giusta strada.
Qui trovi un mio video sul tema:
Namasté!
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